CRESCITA, NON ASSISTENZA
di Filippo Menichino
Un’indagine di qualche anno fa condotta su un significativo numero di intervistati alla domanda se preferissero un contratto a tempo indeterminato con una retribuzione di 1.500,00 euro mensili, ovvero un contratto sottoposto a verifiche periodiche sui risultati con retribuzione di 5.000,00 euro, la maggioranza optò per il primo tipo di contratto.
Questi dati tornano in mente quando vediamo il Ministro dello Sviluppo Economico (proprio così!) gioire e festeggiare in Parlamento perché la Corte Costituzionale ha annullato una norma del Jobs Act in materia di risarcimento per il licenziamento ingiustificato con una decisione che potrà danneggiare le aziende quanto a costi ed alea del giudizio. Una decisione fortemente criticata da molti (v. anche il mio articolo della scorsa settimana) decisa a maggioranza di un sol voto, assente perché all’estero l’unico giudice esperto in diritto del lavoro. Una decisione contraria a quanto si pratica in Europa e che si differenzia anche dalla contemporanea sentenza della Corte Costituzionale francese che ha giudicato su una propria norma del tutto uguale a quella italiana.
Ma il nostro Ministro gioisce e festeggia poiché rimpiange l’Italia del lavoro degli anni passati dove esisteva la reintegrazione per i licenziamenti senza giustificazione e dove la Cassa Integrazione veniva erogata come forma di mera assistenza ai lavoratori di aziende che avevano cessato l’attività, con ciò stravolgendo la funzione tipica dell’istituto che tende ad aiutare le aziende in salute a superare le crisi momentanee.
Per il Ministro, il Jobs Act rappresenta il male assoluto tant’è che ha denominato i promotori della legge come “assassini politici”, mostrando di non conoscere neppure la drammatica storia del proprio ministero che si avvaleva dell’opera, come consiglieri, di tre professori di diritto del lavoro (Biagi, D’Antona, Tarantelli) assassinati dalle brigate rosse. Si può comprendere che il Ministro abbia idee diverse dai precedenti governi, ma desta sorpresa la gioia manifestata in parlamento come se il popolo si fosse liberato da una tirannia. Vien da pensare che non sia estraneo a questi sentimenti l’estrazione sociale e culturale da un territorio ove il “posto fisso” era la più grande aspirazione e la Cassa Integrazione il normale mezzo di sostentamento.
La reintegrazione, ormai è un rimedio obsoleto che poteva avere un certo senso quando l’organizzazione aziendale rimaneva invariata per decenni ed il mercato era stabile nel tempo. Non ha più senso oggi mettere in difficoltà le aziende (che sono coloro che assumono) quando l’indennità per un licenziamento sbagliato è molto superiore alla media europea, e quando lo Stato e le Regioni stanno cercando di far funzionare i Centri per l’Impiego seppure con alterni risultati (in Lombardia con ottimi risultati). Voler tornare indietro nel tempo vuol dire dare un segnale al Paese che nulla può cambiare perché tanto c’è un posto di lavoro blindato, che non è più necessario studiare, impegnarsi, magari cambiare lavoro ed abitudini pur di raggiungere una situazione migliore di quella del posto fisso, necessariamente a bassa retribuzione, formazione, sviluppo di carriera e nuove esperienze che magari non porteranno tutti ad un roseo futuro, ma che comunque possono dare al cittadino la coscienza che si può tentare e che si può riuscire.
L’indagine cui abbiamo più sopra accennato dimostra che ormai c’è una parte del Paese che ha timore del futuro e che non vuole rischiare; le dichiarazioni del nostro Ministro certamente non vengono dal nulla, vengono da una politica che dagli anni ’70 ha lentamente “decultrurato” il Paese per effetto dell’aumento della spesa corrente e del deficit pubblico, aumentando una cultura assistenzialistica, un’abitudine al sostegno pubblico, sfiducia nel valore del lavoro e della competizione economica. Insomma una cultura che viene da lontano e che potrebbe essere modificata soltanto trasformando il Paese in un laboratorio di scuola e di formazione continua tanto per gli imprenditori che per il lavoratori. Tuttavia solo un visionario potrebbe investire ingenti risorse per un progetto a medio termine che non dà consenso e voti nell’immediato.
Milano, 19 ottobre 2018