I DISOCCUPATI E I NUOVI "NAVIGATOR"
di Filippo Menichino 


Da vent’anni i vecchi Uffici di Collocamento si chiamano Centri per l’impiego, un bel nome che evoca dinamismo e imprenditorialità; ma nulla è mutato rispetto a prima. I Centri sono 556 e vi sono addetti 8000 dipendenti, meno di un decimo di quelli tedeschi e molto meno dei francesi ed inglesi. Ma in quei paesi cercare lavoro per i disoccupati è compito fondamentale dello Stato e perciò vi vengono dedicati ingenti risorse di capitali e di uomini con alta specializzazione. Da noi i Centri continuano a rappresentare l’immagine di una burocrazia inefficiente tipica della parte peggiore del paese. La qualità del personale -per metà dislocato nelle quattro regioni meridionali - è carente, ha un’età avanzata, scarsa dimestichezza con il digitale, abitudine a svolgere compiti puramente burocratici e poco specialistici. Come dice il recente rapporto AMPAL “i centri per l’impiego” realizzano un servizio inserito in un set minimo di azioni quasi “esclusivamente limitato alla presa in carico dell’utenza “. Mancano professionisti dell’intermediazione, mancano risorse. Non a caso in questi ultimi cinquant’anni i risultati sono stati disastrosi; meno del 3% dei 2 milioni di persone che ogni anno si è rivolto ai centri per l’impiego è riuscito a trovare lavoro tramite essi. È difficile comprendere perché lo Stato abbia abdicato a una funzione così importante; probabilmente avrà valutato che comunque i lavoratori erano protetti dall’art 18 SL e non c’erano tutte quelle necessità scaturenti da un libero mercato del lavoro, come in Europa!

Il governo precedente aveva ritenuto irrecuperabile la situazione dei Centri per l’impiego e aveva cercato di potenziare l’intermediazione delle domanda e offerta di lavoro attraverso la collaborazione tra pubblico e privato, nonché valorizzando le private agenzie per il lavoro, oggettivamente più competenti ed organizzate, che finora avevano dato risultati di gran lunga migliori rispetto all’azione pubblica. Ma fu un’impresa che portò risultati modesti poiché si accese subito una lotta sotterranea, poco raccontata dai media, sostenuta da chi non voleva che l’intermediazione della domanda e dell’offerta del lavoro passasse dal pubblico ai privati. Si diceva, allora che “il lavoro non è una merce” che potesse essere intermediato senza le garanzie pubbliche. Adesso questa è la tesi che va per la maggiore e di nuovo si punta a far risuscitare i Centri, un po’ come si cerca di fare con Alitalia.

E’ di questi giorni la notizia di un Bando pubblico per i cd “navigator” che dovrebbe, nell’intenzione del Governo, dare nuova vita ai Centri con una formazione per i lavoratori ed una conoscenza del mercato in linea con i tempi, mediante l’immissione di 3000 laureati (il mito del valore legale della laurea) con un contratto di lavoro subordinato biennale (ma l’esigenza non dovrebbe esser continuativa?) ed una retribuzione mensile di circa € 1700. I navigator per forza di cose si sostituiranno, almeno in parte, nelle funzione degli attuali addetti, soprattutto nelle regioni meridionali poiché se non vi è lavoro o è clandestino, poco dovrebbe servire l’intermediazione.

Il bando sarà in vigore fino all’8 maggio 2019, ma dai primi dati pervenuti si sa, senza sorprese, che le domande provengono in gran parte dalle regioni meridionali e che la laurea di gran lunga posseduta dai candidati è quella in legge. Si sa anche che la maggior parte dei candidati non ha attualmente un lavoro (e i maligni mormorano: se non sono stati in grado di trovarlo per sé, dovrebbero, ora trovarlo per gli altri?). I posti destinati al sud sono il doppio di quelli destinati ad altre regioni italiane, non certamente perché c’è più lavoro da intermediare; bisognerà vedere in futuro la ragione, per ora nascosta.

Vincerà chi riuscirà a superare un quiz di 100 domande a risposta multipla da concludersi in 100 minuti. Poi, i nostri laureati entreranno nel pieno delle loro importanti funzioni, si spera dietro una calibrata formazione professionale che non si sa per quanto tempo durerà e da chi in particolare sarà fornita; sembra da un gruppo che, attualmente, sta dando formazione ai Centri per l’impiego. È non c’è quindi che sperare in bene e nel lungo periodo. Certamente i nuovi Centri non entreranno in funzione prima di un anno, nonostante le assicurazioni politiche.

Certamente sulla formazione professionale si giocherà il destino dei lavoratori; il 30% dei lavori fra qualche anno cesserà, altri sorgeranno ex novo, chi rimarrà immobile sicuramente sparirà dal mercato. I nostri Centri dovranno operare in questo contesto e qualche dubbio sulla efficienza della loro professionalità sorge soprattutto confrontando ciò che stanno facendo in materia le grandi organizzazioni internazionali. È notizia di questi giorni che Microsoft Italia abbia intenzione di investire cento milioni di euro per la formazione di due milioni di giovani e professionisti. Il futuro sta nella formazione e nella conoscenza dei nuovi lavori poiché già adesso almeno 150.000 posti non trovano il titolare, poiché mancano le competenze. In questi mesi è stato compiuto un esperimento completamente gratuito per chi lo ha sperimentato: Microsoft ha formato in chiave digitale e intelligenza artificiale mille persone, che prima erano senza lavoro; oggi nove su dieci hanno trovato un impiego.

Il confronto tra Microsoft e i nostri poveri Navigator a € 1700 al mese ovviamente non è proponibile, ma comunque anche per costoro è giusto ricordare che la professionalità (e non l’inutile burocrazia, o la semplice occupazione di un posto pubblico) è imprescindibile se si vuole fare qualcosa di buono per il Paese.


 
Milano, 6 Maggio 2019