Il braccialetto elettronico
di Filippo Menichino e Luca Menichino


Diceva il Manzoni nel celebre capitolo dell’Innominato che le cose in sé non sono né buone né cattive, dipende dall’uso che ne fa l’uomo. Stessa cosa si può dire per il braccialetto elettronico di Amazon, che per ora è solo un progetto e non sappiamo se e come sarà attivato dall’azienda. Lo strumento, a quanto si sa, dovrebbe servire a migliorare la produttività del lavoro ed agevolare la ricerca delle merci negli scaffali; in sé, dunque, dovrebbe essere uno strumento più che lecito. Ma non sappiamo come funzionerà il software dello strumento: se dovesse memorizzare tutti i dati personali del lavoratore in modo da consentire un continuato e massivo controllo da parte dell’azienda sull’attività del lavoratore e l’utilizzazione indebita dei dati personali, sarebbe un comportamento assolutamente vietato sia dall’art. 4 legge n. 300/70 (in quanto strumento con finalità di controllo, oltre che di lavoro) dal codice della privacy; se invece i dati fossero utilizzati in modo lecito, per scopi determinati e compatibili e conservati per il periodo strettamente necessario, e poi resi anonimi (art. 11  e 13 D.L. 3016/2003 n. 196), nonché dopo aver informato il lavoratore sulle modalità e finalità di utilizzo (art. 4, co. 2, S.L.), lo strumento di lavoro non avrebbe nessuna controindicazione e non ci sarebbe nulla da recriminare. Ma allo stato non sappiamo nulla di preciso, e la società ha rassicurato che se dovesse attuare il brevetto, farebbe tutto in modo da rispettare le leggi.

La notizia, quindi, era una mezza notizia ed ogni persona informata non avrebbe avuto materia per interloquire. Si sostiene che se Amazon ha in mente di attuare questi controlli massivi, quasi una nuova forma di schiavismo a carico dei lavoratori, lo si deve al fatto che il Governo ha inciso sulla norma dei controlli a distanza (art. 4 S.L.), prevedendo un’esenzione all’accordo con il sindacato per gli strumenti di lavoro che indirettamente consentono anche un controllo; ciò a differenza degli altri sistemi con funzione specifica di controllo (che invece prevedono l’accordo). Se accordare al sindacato il potere di negoziazione con il datore circa l’utilizzazione degli strumenti elettronici di lavoro, ovvero lasciare al rapporto diretto tra le parti, con l’obbligo di tassativa e coerente informazione sull’utilizzazione dei dati personali, è materia che il legislatore ha risolto nel secondo senso; anche perché non si è mai avuto notizia che il sindacato fosse stato interessato a stipulare accordi con il datore circa l’uso di smartphone o tablet da parte dei dipendenti.

Ad ogni modo, la diversa opzione politica non ha avuto –come si è visto- influenza di sorta sulla tutela della libertà o dignità dei lavoratori, perché anche oggi tutte le volte che gli strumenti di lavoro ledono la loro dignità, attraverso controlli massivi e indiscriminati, l’operazione è assolutamente vietata. Tra l’altro, dal 25 Maggio 2018, con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento Comunitario 2016/679, sono previste delle sanzioni per la violazione delle regole in misura tra il 2% ed il 4%del fatturato dell’ente interessato, con una evidente funzione deterrente, senz’altro idonea a scoraggiare comportamenti contra legem.
 
Milano, 13 febbraio 2018