Il diritto di sciopero a spese dei contribuenti: le anomalie del sistema Italia
di Luca Menichino
Ci lamentiamo continuamente nei confronti dei politici o dei dirigenti di enti pubblici che usano e abusano di beni e finanze pubbliche, ma lo facciamo molto meno nel nostro piccolo quotidiano. L’abuso della malattia nell'ambito del rapporto di lavoro, pagata dall'INPS e quindi dai contribuenti, ne costituisce un lampante esempio. Chiunque abbia a che fare con il mondo del lavoro sa bene che la malattia viene spesso utilizzata come un rimedio negoziale dal lavoratore, quale strumento di risoluzione dei conflitti. Insomma tutti gli addetti ai lavori conoscono la cd. malattia ad orologeria o provvidenziale: vengono lamentate gravissime patologie, spesso causate dal datore di lavoro, che poi scompaiono magicamente ed improvvisamente dopo aver ottenuto un cospicuo pacchetto per l'uscita.
Ma non sempre l’abuso della malattia viene combattuto.
Due dipendenti erano stati licenziati perché, pur in malattia o in infortunio, avevano partecipato ad uno sciopero e ad un vibrante sit in di protesta. Con sentenza del 28.09.2017, il Tribunale di Milano ha annullato il licenziamento e ha disposto la reintegrazione dei lavoratori nel posto di lavoro; ha affermato che lo sciopero è un diritto costituzionale e che il datore di lavoro non aveva dimostrato che la malattia fosse incompatibile con la partecipazione allo sciopero.
Come si possa sostenere di essere malati in una situazione che esige una forte conflittualità, francamente non è dato capire. Se un soggetto è talmente malato da non poter lavorare (la legge richiede che la malattia incida sulla capacità lavorativa), ben difficilmente potrà scorrazzare in giro, gridare ed alzare striscioni contro il datore di lavoro. E visto che la malattia presuppone l'incapacità di lavorare e di attendere le normali occupazioni, sulla base delle più elementari regole di ragionevolezza, sarà il lavoratore che dovrà spiegare perché mai possa partecipare ad uno sciopero piuttosto che lavorare. Un obbligo che appare ancora più ragionevole se si tiene conto che il datore di lavoro, per ragioni di privacy, non conosce la diagnosi della malattia e nulla può sapere.
In definitiva, la malattia unita alla partecipazione ad uno sciopero costituisce una presunzione fortissima – o meglio una prova – che la malattia non è reale.
Sotto un altro versante, l’incredibile paradosso cui giunge il Tribunale di Milano è che normalmente lo sciopero non è mai remunerato, ma se il lavoratore vi partecipa in malattia può scioperare ed essere pagato dai contribuenti.
Lo sciopero è senz'altro un diritto rilevante ed è giusto difenderlo, ma è sin troppo chiaro che non può essere invocato per tutelare comportamenti scorretti.
Le pronunce di questo tenore finiscono per alimentare la cultura dell'abuso e della furberia; una cultura che a parole si vuole combattere ma che nelle aule giudiziarie, a volte, sopravvive più forte che mai.
Milano, 12 ottobre 2017