La proliferazione delle verità
Di Luca Menichino
Ciascuno interpreta e fornisce la propria versione dei fatti. Questo pluralismo delle opinioni genera – in ogni ambito – una diffusa confusione e incertezza; un’incertezza che tutti hanno registrato con i virologi che esprimevano diverse opinioni e che non facilitavano di certo la comprensione del fenomeno. Basti pensare alle morti dopo la somministrazione del vaccino Astrazeneca. Le morti erano dovute al vaccino o erano accidentali? Anche qui, una pletora di notizie e opinioni che non potevano essere date senza conoscere la verità (che allo stato, tra l’altro, non esiste perché occorrono accertamenti). Questo fenomeno viene ancora più amplificato dalla necessaria velocità con cui i giornalisti devono fare informazione e soprattutto dai social network in cui si assiste ad una ulteriore moltiplicazioni delle opinioni con una frammentazione esasperata della verità.
Ancora più diffuse e incerte sono le opinioni espresse in ambito giuridico che, in parte, sono dovute all’imperfezione delle norme, che quasi sempre non brillano per chiarezza, ma che, sotto altro verso, sono alimentate ancora di più dal pluralismo delle opinioni. In ambito giuridico si diffondono numerose correnti di pensiero; si formano decisioni che sanciscono un principio che poi viene applicato in casi tra loro molto dissimili, generando dei precedenti apparenti che vengono applicati in modo meccanicistico e conducono a risultati distorti.
Un professore di diritto tempo fa mi disse: ricordati: in diritto 2+2 non fa sempre 4, ma può fare anche 7 (?). Ero perplesso allora e lo sono tuttora, ma ciò la dice lunga sulla cultura di base che esiste nel mondo dei giuristi. Vale di più la libertà dell’opinione ben scritta e autoreferenziale piuttosto che il conformismo di una regola applicata secondo le sue finalità.
Ora, se in ambito etico e politico il pluralismo delle opinioni è espressione della libertà di pensiero, in ambito giuridico la libertà di espressione si può manifestare contestando la bontà di una norma, criticandola. Ma di certo non si può – e questo accade quasi sempre tra i giuristi e si manifesta anche nelle varie decisioni dei giudici – dilatare l’applicazione della norma a piacere. O meglio si può ma a scapito della certezza dei rapporti giuridici perché chiunque può sostenere la tesi che più gli aggrada, come è successo a Roma in cui un Giudice, un mese fa circa, ha sostenuto del tutto irragionevolmente che il divieto di licenziamento si applicasse anche ai dirigenti.
Tutto ciò con un danno rilevantissimo al paese. Perché l’incertezza del diritto genera anche molta burocrazia, per cui, pur di non sbagliare, occorre usare tutte le misure possibili; e tra queste anche molte, moltissime, misure inutili.
Inoltre l’incertezza del diritto è una delle ragioni macroscopiche che favoriscono l’incremento del contenzioso: se non si sa quale sia il risultato ci si prova sempre. Questo è un fattore inevitabile di crescita del contenzioso.
Come si può risolvere questo tema o quantomeno ricondurlo in un ambito di tollerabilità?
Quello che manca quasi sempre nell’analisi dei giuristi, siano essi avvocati o giudici, è un’indagine seria e approfondita sulla finalità della norma, ossia il motivo per cui quella norma è stata scritta. Che cosa si intendeva ottenere, qual è il risultato pratico che si voleva conseguire, perché è stata introdotta?
Eppure questo criterio – quello della finalità della norma – è uno dei principali criteri interpretativi della legge che viene spesso dimenticato da giudici e avvocati e spesso in virtù di una creatività interpretativa che sarà pure raffinata da un punto di vista logico, ma che in realtà conduce a situazioni devastanti e genera una grande incertezza, che ha dei costi per la società molto alti: per i cittadini che subiscono decisioni ingiuste e le devono impugnare e per gli imprenditori che spesso non sanno come rispettare le regole.
Ora, è vero che le norme a volte non brillano per chiarezza, ma nella mia esperienza, se si capisce qual è la finalità che si vuole conseguire diventa molto più semplice arrivare a conclusioni ragionevoli e più prevedibili.
Se tutti avessero chiari i motivi per cui è stato adottata una norma, che cosa intende ottenere o vietare, sarebbe molto più facile per tutti capire quale sia il suo ambito di applicazione.
Questo è uno sforzo che dovrà fare il legislatore nelle relazioni illustrative alle leggi in modo da chiarire meglio gli scopi ma anche uno sforzo che dovranno fare anche i Giudici, a prescindere da quale parte politica sia stata concepita la norma.
Ecco: in questa direzione si farebbe un buon servizio al paese, un tema che è all’evidenza e anche in ultima analisi un tema democratico.
Milano, 30 marzo 2021