LANDINI E I 5 STELLE
di Filippo Menichino
Sembra molto di moda in questi tempi inventarsi un nemico nei cui confronti scatenare i propri fedeli; invece Maurizio Landini, occhi febbrili e felpa rossa nelle piazze e nei talkshow televisivi, un nemico vero ce l’aveva fin da ragazzo quando faceva il saldatore: era il padronato. Aveva una certa simpatia nei confronti del Movimento 5 Stelle di cui partecipava l’ansia del cambiamento e la palingenesi totale.” Vanno nella direzione giusta”, disse nell’immediatezza del Decreto Dignità. Se non che l’ironia della storia e l’etero genesi dei fini lambisce anche le persone più inaspettate.
Appena eletto segretario della CGIL, le nuove responsabilità gli hanno fatto vedere il mondo un po’ diversamente. Davanti 800 delegati attenti e commossi proclamò che la lotta proseguiva, ma questa volta nei confronti del Governo che “non aveva cambiato un bel nulla “e che “i Centri per l’impiego di per se è non producono lavoro “, (ovvio, anche se pochi giornalisti lo ricordano) e che “senza investimenti non si va da nessuna parte!!”.
Nel discorso inaugurale il neo segretario mostrò molto preoccupazione anche perché sul suo tavolo da poco era giunta la notizia del crollo disastroso del contratto a tempo determinato: -65% senza nessun aumento dei contratti a tempo indeterminato. Fine della precarietà ma anche fine del lavoro. “Abbiamo 5 milioni di iscritti e ci debbono ascoltare” i vice presidenti “che non hanno mai lavorato “(secondo quanto dice Landini) ora sono avvertiti. Finora costoro avevano pensato che dei corpi intermedi se ne poteva fare a meno, esattamente come aveva fatto il precedente governo. Ma ora il sindacato avverte il grave pericolo di esclusione che potrebbe avverarsi se non si costringerà il Governo a trattare su temi che da sempre sono stati i cavalli di battaglia dei rappresentanti dei lavoratori. A cominciare dai contratti flessibili su cui il Sindacato è stato praticamente inerte, senza capacità di attuare soluzioni alternative che pure l’art 8 della legge 138/2011 metteva a disposizione. Ma probabilmente il timore di attuare una legge del precedente governo è stato da freno. Poi, con il Reddito di cittadinanza l’esecutivo si è preso molto di ciò che attiene il mondo del lavoro dipendente, levando spesso spazio al sindacato, anzi attaccandolo per non aver fatto neppure un giorno di sciopero dopo l’introduzione della legge Fornero. Inoltre ci sono le agevolazioni fiscali per il lavoro autonomo, o l’interesse tante volte manifestato di voler tutelare solo le piccole, piccolissime aziende su cui, -è noto -il Sindacato non ha alcuna influenza.
Insomma, il nemico potrebbe cambiare: dal padronato al Governo.
Milano, 29 gennaio 2019