Lo sciopero mascherato si può combattere
di Luca Menichino
 

La proclamazione di scioperi mascherati, non autorizzati ed in violazione delle norme a tutela dei servizi pubblici essenziali, è una prerogativa del nostro paese, che rimane attanagliato in un immobilismo inquietante.

Già diversi anni fa un migliaio di lavoratori dell’Alitalia, nell’ambito di un’agitazione sindacale, caddero provvidenzialmente in malattia nello stesso giorno ed i Vigili Urbani di Roma li presero ad esempio, al punto che la notte di capodanno del 2015 molteplici furono le assenze della polizia locale per permessi e per malattia, ancora una volta nel contesto di una forte agitazione di natura sindacale. In quell’occasione, la Commissione di Garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali intervenne sanzionando il sindacato, ma il Tribunale di Roma annullò la delibera, sul presupposto che l’incitazione allo sciopero mascherato era del tutto indimostrata. Da ciò che si legge sui media, sembra che gli elementi portati dalla Commissione di Garanzia a supporto della cospirazione sindacale non fossero sufficienti per fondare la tesi di una loro responsabilità.

E’ evidente, però, che se il malcostume non viene sanzionato, costituisce un cattivo esempio per i posteri. Non deve quindi sorprendere che, anche ieri, sempre nell’ambito di una tensione sindacale con l’Enav, sia a Malpensa sia a Linate le assemblee indette dal sindacato abbiano avuto una durata abnorme e abbiano inciso sulla normale operatività degli aeroporti nel periodo di massimo affollamento estivo. Cinque ore di assemblea spontanea a Malpensa e due ore a Linate, un tempo che inevitabilmente ha causato ritardi e significativi disagi ai passeggeri. Insomma, minimo sforzo ma massimo danno. E guarda caso proprio questi disagi hanno indotto l’Enav ad aderire alle proposte sindacali. Certamente la prova di una cospirazione a supporto di uno sciopero mascherato non è agevole, ma le norme esistono per reprimere comportamenti all’evidenza abusivi, formalmente leciti, ma sostanzialmente in frode alla legge. L’art. 2 della L. 146/90 sancisce che l’astensione collettiva è ammessa, ma deve essere diretta a garantire il servizio e può essere posta in essere solo dando un congruo preavviso.

Ebbene, i lavoratori che appartengono al sindacato e che hanno gestito le assemblee spontanee avevano la piena consapevolezza del numero dei lavoratori presenti in assemblea, della durata e della inevitabile ricaduta, in un periodo di affollamento, sui servizi alla collettività. Quando vi è piena consapevolezza della situazione, si gestisce una astensione collettiva e si supera un ragionevole termine di tollerabilità, la responsabilità è evidente. Non i sindacati quali entri astratti, ma persone ben identificabili.

Se questo è il caso, la legge autorizza l’apertura di procedimenti disciplinari anche per la violazione delle più elementari regole di buona fede e correttezza, oltre che per la violazione della normativa sui servizi pubblici essenziali. E, così forse, con un po’ di buon senso, si riuscirà a combattere in modo efficace un fenomeno palesemente abusivo, intollerabile in qualsiasi paese che possa definirsi civile.

Milano, 2 agosto 2017