Nel bonus può essere ricompresa la quota parte di TFR ed indennità sostitutiva del preavviso?
di Filippo Menichino
 

Pacifico che un bonus o premio erogato continuativamente al dirigente costituisca retribuzione utile ai fini dell’art. 2120 e 2121 c.c. e debba incidere sull’indennità sostitutiva del preavviso e sul TFR ed, occorrendo, anche sull’indennità supplementare; la discrezionalità dell’erogazione semmai varrà per il futuro, nel senso che potrebbe liberare il datore di lavoro dall’obbligo, ma non può negare la natura retributiva (Cass. 26/10/2007 n. 22504). Tuttavia, può capitare che il datore di lavoro, nel corrispondere il premio, assolutamente discrezionale come entità, specifichi che una quota parte (magari espressa in percentuale) serva per compensare le indennità di fine rapporto, sia legali che contrattuali; in pratica il datore di lavoro anticipa il pagamento per un evento futuro, ma certo quale il TFR, ed eventuale, ma determinabile, quale l’indennità sostitutiva del preavviso e supplementare; se l’evento non si verificherà, il relativo importo verrà acquisito dal dipendente in conto capitale. Il datore riconosce che il premio deve incidere sugli istituti di fine rapporto ai sensi degli artt. 2120 e 2121 c.c. e paga in anticipo quanto dovuto, od eventualmente dovuto alla cessazione del rapporto; per questi motivi -nelle sintetiche dichiarazioni che solitamente si fanno nella lettera che accompagna l’erogazione del premio- il datore dichiara che non pagherà le indennità alla cessazione del rapporto, ma questa dichiarazione va letta nel contesto.

In generale, la giurisprudenza sembra non aver padronanza della questione quando afferma che il datore non può rifiutarsi di pagare al termine del rapporto l’incidenza del premio sugli istituti. Ne è conferma una recente sentenza della Cassazione (n. 15380/2017) che nel cassare App. Milano 246/2013, afferma che il datore di lavoro, invece, non può esimersi dal calcolare sugli Istituti i compensi continuativi. Senonché le questioni rimesse al Giudice in ben tre gradi del Giudizio erano ben diverse, poiché il datore non aveva contestato che i compensi non dovessero essere calcolati sugli istituti, ma aveva sostenuto di aver già pagato. Non c’era bisogno di ricorrere fino alla Cassazione per sentirsi rispondere in questo modo. Il quesito era un altro: può il datore di lavoro legittimamente sostenere che una quota parte del premio vada a compensare il TFR ed eventualmente l’indennità sostitutiva del preavviso e l’indennità supplementare? Qualora ciò non fosse possibile per carenza di determinazione dell’oggetto contrattuale, o per altre ragioni registrate dalla giurisprudenza, perché mai la nullità del contratto dovrebbe comportare che una somma erogata per un certo titolo, debba essere imputata –dopo la dichiarazione di nullità- a titolo di bonus, contro la volontà del datore di lavoro? Tre gradi di giudizio non sono stati sufficienti per rispondere al quesito sulla validità della dichiarazione datoriale che affermava di aver già pagato.

Si ha l’impressione di una giustizia formale lontana dai veri interessi dei cittadini.
 
Milano, 25 settembre 2017