Spunti sulla sentenza della Corte Costituzionale sul contratto a tutele crescenti: la discrezionalità dei Giudici è limitata.
di Luca Menichino 


Nel dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 3 del D.lgs 23/2015, che collegava l’entità dell’indennizzo alla sola anzianità, la Corte Costituzionale ha precisato che “il giudice terrà conto innanzi tutto dell’anzianità di servizio – criterio che è prescritto dall’art. 1, comma 7, lett. c) della legge n. 184 del 2013 e che ispira il disegno riformatore del d.lgs. n.23 del 2015 – nonché degli altri criteri già prima richiamati, desumibili in chiave sistematica dalla evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti)”.

Ora, l’art. 1c. 7 lett. c) della legge 184/2013 richiamato nella motivazione chiarisce l’intento del legislatore che, da un lato, esclude la reintegrazione e, dall’altro, lega l’indennizzo all’anzianità di servizio per assicurare “certezza” nella predeterminazione delle somme riconosciute al lavoratore.

In altri termini, quando la Corte afferma che il Giudice deve tener conto “innanzi tutto” dell’anzianità di servizio, richiama l’esigenza di certezza che è alla base della riforma della normativa sul licenziamento e vuole dire che il peso da assegnare all’anzianità dovrà essere prevalente nella valutazione; con un peso cioè superiore al 50%.

Il che ha una inevitabile ricaduta matematica vincolante sul massimo dell’indennità eventualmente erogabile dal Giudice.

Un esempio chiarirà meglio.

Se l’anzianità di servizio attribuisce il diritto a 6 mesi, il Giudice potrà valorizzare il grado di colpa del licenziamento e attribuire altre mensilità, ma non potrà mai spingersi ad erogare più di 10/12 mesi, anche se in astratto il massimo erogabile è di 36 mesi. Il peso degli altri criteri, lo afferma la Corte, non può essere prevalente e, comunque, i Giudici avranno l’obbligo di motivare puntualmente le ragioni per cui l’indennità debba essere elevata rispetto a quella prevista per l’anzianità.

In questi termini, quindi, La Corte media tra una valutazione ponderata della situazione nel caso concreto ma, richiamando la legge ispiratrice del jobs act e l’esigenza di certezza in esso contenuta, riduce sensibilmente lo spazio decisionale dei Giudici che dovrebbero dare puntuale esecuzione alle indicazioni del Giudice delle leggi.

 
Milano, 12 novembre 2018