Vietare il velo islamico a lavoro non è discriminazione
Studio Menichino
Con sentenza n. 579/2016 del 20 maggio scorso, la Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Milano considerava discriminatoria la condotta di una società di hostess che, in fase di selezione, dopo aver ricercato donne di bella presenza con capelli lunghi sciolti e vaporosi, aveva escluso dalla selezione una donna che richiedeva di usare il velo per motivi religiosi. Di segno diametralmente opposto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che, risolvendo due controversie di licenziamento a causa dell’uso del hijab in violazione del regolamento interno, con sentenza del 14.03.2017 n. C-157/15, ha affermato che il divieto è legittimo purché abbia una portata generale nei confronti di tutti i dipendenti, esprima una più generale politica di neutralità dell’azienda e non abbia a che fare con una determinata confessione religiosa. Anche se l’obbligo comporta uno svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata ideologia, non si tratta di discriminazione indiretta se ciò è giustificato da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento sono appropriati e necessari.
Milano, 15 marzo 2017