Due pesi e due misure
di Luca Menichino
È di oggi la notizia della conferma in Cassazione del licenziamento per giusta causa del dipendente, colto mentre rubava due caramelle in un supermercato (Cass. Sez. lav. 24014/17).
Secondo la Suprema Corte, oltre al furto in sé costituiscono elementi sintomatici della mala fede le scuse improbabili che il dipendente ha presentato quando è stato colto sul fatto.
Per la verità, la notizia non desta particolare scalpore, perché si inserisce nel solco di una giurisprudenza costante, secondo cui questo genere di comportamenti incidono sull’affidabilità riposta sul lavoratore e quindi sul rapporto fiduciario.
Il giudizio è severo, ma non sempre la stessa severità è applicata in casi analoghi, dove il comportamento è ben più grave.
Vi è un caso, secondo me clamoroso, che è stato confermato dal Tribunale di Monza e poi dalla Corte di Appello di Milano, che non passa alla cronaca ma che disvela una miopia esasperata: un dirigente era stato licenziato in tronco, perché – pur godendo della autonomia e fiducia possibile – riferiva di andare a lavorare in uno stabilimento, ma poi non si presentava. Sul lavoro dimostrava una crescente disattenzione e disinteresse, pur avendo un ruolo di assoluta responsabilità in azienda. Non è un caso. La società scopriva che questo signore era amministratore unico di una società che faceva 2.000.000 di euro e che durante la malattia pagata dal datore di lavoro andava nella sua società a lavorare. Morale: Non c’è giusta causa e la società è stata condannata a pagare l’indennità di preavviso per oltre € 100.000 ad un dirigente che dovrebbe dare l’esempio e gestire gli altri dipendenti, ma che in realtà ha abusato della sua autonomia. Non solo in primo grado ma anche in appello (Cfr. Trib. Monza 437/2012; Corte d’Appello Milano, 378/2015).
Licenziamento in tronco per 2 caramelle e 100.000 euro a chi lavora durante la malattia ed ha un doppio lavoro.
Due pesi e due misure.
Milano, 13 ottobre 2017